In questa intervista vi presentiamo Mattia Provezza, tatuatore italiano classe 1990 con una solida formazione nel design e quasi un decennio di esperienza nel mondo del tatuaggio. Specializzato nello stile blackwork, Mattia si distingue per un tratto deciso e un approccio consapevole all’arte e alla professione. Dalla scena punk-metal che ha influenzato i suoi primi passi, fino alla maturità artistica raggiunta grazie all’impegno costante e all’amore per i dettagli, ci racconta il suo percorso, le sfide del mestiere e la filosofia che guida il suo lavoro. Un’intervista sincera e ispirante, dedicata a chi ama il tatuaggio come forma d’arte e stile di vita.
Ciao, come vuoi presentarti ai nostri lettori?
Ciao a tutti, mi chiamo Mattia Provezza, sono italiano, nato nel 1990. Sono diplomato e laureato in design e tatuo da poco meno di 10 anni. Sono specializzato nello stile blackwork. Se siete interessati a vedere i miei lavori, potete trovarli su Instagram: @mattiaprovezzatattoo.
Da dove viene il tuo fascino per i tatuaggi?
Mi sono avvicinato al mondo dei tatuaggi poco prima di diventare maggiorenne. Il desiderio di avere un tatuaggio cresceva e il mio background musicale – punk e metal – mi ha influenzato molto. Vedere artisti alternativi tatuati mi ha spinto a esplorare questo mondo.
Come e quando hai iniziato a tatuare?
Ho iniziato nel 2012, cercando da solo le attrezzature e chiedendo al mio tatuatore se potevo imparare da lui. Ho fatto un apprendistato in stile “vecchia scuola”, imparando tutto: dalla preparazione della workstation al montaggio delle macchinette. Ho anche conseguito l’attestato regionale mentre finivo l’università.
Dove sei basato?
Da circa 10 anni lavoro a Montichiari, in provincia di Brescia, Italia. Inoltre, sono guest resident a Mantova e ogni tanto mi trovate anche in Toscana, a Montevarchi (Arezzo).
Come descriveresti la scena del tatuaggio in Italia in questi giorni?
Ci sono tanti tatuatori davvero al top, sia a livello nazionale che internazionale. Ma purtroppo ci sono anche persone che prendono il mestiere alla leggera, senza rispetto né una base artistica solida. Oggi bisogna distinguersi non solo per tecnica, ma per l’approccio al disegno.
Come definiresti il tuo stile di tatuaggio?
Prediligo lo stile blackwork, ovvero solo inchiostro nero, senza diluizioni. Cerco un equilibrio tra modernità e solidità nel tratto. Uso quasi esclusivamente aghi da linea perché li considero la naturale estensione del mio modo di disegnare.
Che tipo di progetti di tatuaggio ti piace fare più?
Non ho un soggetto preferito, ma amo quelli strani e originali. Mi stimolano a spingere i miei limiti. Tra i più richiesti ci sono serpenti, teschi, fiori e draghi, spesso eseguiti in freehand.
Qual è la fonte principale di ispirazione per i tuoi tatuaggi?
Musica, film, fantasy, videogiochi, viaggi. Davvero tutto può ispirarmi, anche solo una forma o un dettaglio visto in giro.
Qual è l’aspetto più impegnativo di essere un tatuatore nel 2025?
Bisogna essere artisti, tecnici, social media manager, consulenti… è un lavoro che non finisce quando chiudi lo studio.
Qual è l’aspetto più gratificante di essere un tatuatore?
Se ci metti passione, viene riconosciuta. Dai clienti, ma anche dai colleghi. Costruire relazioni sincere nel settore è fondamentale.
Qual è la tua esperienza alle tattoo convention finora?
Non partecipo da un po’, ma per chi inizia è un ottimo modo per immergersi nel mondo del tatuaggio e conoscerne tanti aspetti.
Ti ricordi la prima convention di tatuaggi a cui hai preso parte?
Sì, la prima edizione dell’Arezzo Tattoo Convention nel 2016. Ho vinto il secondo premio in un contest per illustratori e ho tatuato diversi clienti. È stata una grande esperienza.
Qual è il motivo principale per partecipare o prendere parte a una tattoo convention?
Per curiosità, per crescere, per conoscere altri tatuatori, per confrontarsi e mettersi alla prova, ma anche per il prestigio.
Qual è la tua tattoo convention preferita finora? E perché?
La International Tattoo Expo di Roma (2017) è stata una delle migliori. Ho visto grandi artisti dal vivo come Mike Chambers. Anche la convention di Perugia mi è piaciuta molto, dove ho visto artisti come Bara Madrid e Greggeltron. Consiglio anche quella di Milano, anche se vi ho partecipato solo come visitatore.
Che consiglio daresti a qualcuno che sta pensando di fare carriera come tatuatore?
Serve tanta passione e dedizione. Il livello oggi è altissimo, quindi ogni abilità va affinata. Un buon apprendistato è fondamentale per partire col piede giusto.
Chi sono le persone che ammiri di più all’interno della comunità del tatuaggio?
Ammiro artisti di ogni stile, ma paradossalmente mi colpiscono di più i traditional e new traditional rispetto a chi fa blackwork come me. Studio più l’approccio che lo stile in sé.
Qual è il tuo più grande risultato come tatuatore?
Poter continuare a fare quello che amo, spingere i miei limiti, circondato da colleghi stimolanti con cui ho uno scambio sincero. Questo è ciò che tiene vivo il mondo del tatuaggio.
Fai altre forme di arte oltre al tatuaggio?
Sì, disegno su carta e digitale. Ho realizzato lavori per abbigliamento, locali, eventi musicali… C’è una continuità evidente tra i miei disegni e i miei tatuaggi.
Quali sono i tuoi obiettivi o sogni per il prossimo futuro?
Continuare su questa strada con passione, migliorarmi sempre e distinguermi. Mi approccio a ogni lavoro con umiltà e dedizione.
C’è qualcos’altro che vorresti dire ai nostri lettori?
Vi invito a visitare i miei profili social se volete conoscere meglio il mio lavoro e seguire i miei progetti futuri.
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